Stradella e le sue fisarmoniche
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Ognuno di noi dovrebbe scrivere un libro, a prescindere dal possedere competenze letterarie: il libro delle proprie esperienze di vita vissuta.
Ogni persona giunta all’età matura, dovrebbe lasciare ai posteri il dono del proprio patrimonio mnemonico immagazzinato nel corso dell’esistenza. Pensiamo soprattutto, ma non solo, ai personaggi che con particolare genialità e intuizione hanno segnato la storia dell’intero consorzio umano, ma anche a figure più comuni ma ugualmente ricche di qualità, quali ad esempio insegnanti, marinai, cantastorie, medici, falegnami, agricoltori, massaie, ecc. Sono più che convinto del bene che deriverebbe per tutti dalla conoscenza del contenuto della materia cerebrale di uomini e donne di ogni tempo. Forse una sorta di neuroingegneria del futuro riuscirà a trasferire, prima della morte, la memoria contenuta nel cervello delle persone, di cui scomparirebbe irrimediabilmente ogni traccia con la loro fine. Ipotesi fantastica, ma viene spontaneo chiedersi cosa sarebbe più importante del conservare l’immenso patrimonio intellettuale dell’umanità. Molto più semplicemente, nel caso mio, mi posi l’obiettivo di trasferire su un supporto leggibile e durevole nel tempo, personali ricordi ed esperienze, conoscenze, riflessioni, uniti alle molte testimonianze raccolte presso terze persone. Tutto quanto elaborato e finalizzato a ricostruire un quadro d’insieme di ciò che hanno significato le fisarmoniche per Stradella.
Ognuno di noi dovrebbe scrivere un libro, a prescindere dal possedere competenze letterarie: il libro delle proprie esperienze di vita vissuta.
Ogni persona giunta all’età matura, dovrebbe lasciare ai posteri il dono del proprio patrimonio mnemonico immagazzinato nel corso dell’esistenza. Pensiamo soprattutto, ma non solo, ai personaggi che con particolare genialità e intuizione hanno segnato la storia dell’intero consorzio umano, ma anche a figure più comuni ma ugualmente ricche di qualità, quali ad esempio insegnanti, marinai, cantastorie, medici, falegnami, agricoltori, massaie, ecc. Sono più che convinto del bene che deriverebbe per tutti dalla conoscenza del contenuto della materia cerebrale di uomini e donne di ogni tempo. Forse una sorta di neuroingegneria del futuro riuscirà a trasferire, prima della morte, la memoria contenuta nel cervello delle persone, di cui scomparirebbe irrimediabilmente ogni traccia con la loro fine. Ipotesi fantastica, ma viene spontaneo chiedersi cosa sarebbe più importante del conservare l’immenso patrimonio intellettuale dell’umanità. Molto più semplicemente, nel caso mio, mi posi l’obiettivo di trasferire su un supporto leggibile e durevole nel tempo, personali ricordi ed esperienze, conoscenze, riflessioni, uniti alle molte testimonianze raccolte presso terze persone. Tutto quanto elaborato e finalizzato a ricostruire un quadro d’insieme di ciò che hanno significato le fisarmoniche per Stradella.
Questa mia fatica, nel vero senso della parola, vorrei fosse considerata un atto d’amore nei confronti della mia Città, la mia piccola eredità regalata a chi verrà dopo di noi, nel lasciare quella che si definisce una “testimonianza d’epoca”. Consapevole che questo relativo ma importante frammento di storia della nostra comunità sarebbe andato perduto. Nella sostanza la finalità era quella di recuperare, riunire ed inserire nel contesto storico generale, la copiosissima messe documentaria sin qui raccolta attinente la fabbricazione delle fisarmoniche a Stradella.
Per la stesura dei testi non mi sono volutamente avvalso del contributo di uno scrittore professionista, non certo per inconsapevolezza dei miei limiti letterari e linguistici, ma perché temevo che il tramite di un
14 “estraneo” avrebbe inevitabilmente stemperato i caratteri dell’originalità in misura per me inaccettabile. Sono tuttavia convinto, nonostante il basso profilo letterario, che l’opera abbia comunque il pregio di far trasparire anche l’appartenenza dell’autore al tessuto socio culturale locale.
A questo proposito è bene rilevare altresì gli inevitabili limiti dei letterati, rispetto ad ogni altro ambito del sapere. Pur ammirando profondamente chi conosce tutto di una determinata materia, sono però persuaso che ogni persona possa e debba indagare, nel corso della vita, differenti campi della conoscenza, non disdegnando nemmeno di frequentare il mondo del “fare con le mani”, per cui è stata da madre natura opportunamente dotata.
Ritengo inoltre opportuno considerare che non esiste da nessuna parte una scuola che insegni la materia “fisarmonicologia”; scienza che ho appreso esclusivamente presso l’Università della Strada. Mi viene anche da osservare, con il dovuto rispetto, che anche insigni letterati, quali ad esempio il sommo Leopardi o il sofisticato Proust, se fossero stati figli della Maria Vespa – la mia adorata madre – e del marito Bruno “âd Güséi”, avrebbero avuto qualche difficoltà in più ad affermarsi.
Sentii in ogni caso intensamente il dovere di mettere nero su bianco, non solo i personali ricordi del vissuto in prima persona nell’ambiente “armonicistico” della mia città, ma anche gli esiti delle ricerche sul campo effettuate ed in corso da una ventina d’anni. Le indagini erano costellate da lunghi appaganti colloqui con i testimoni diretti e da cordiali dialoghi con i familiari di quelli scomparsi; esperienze che mi hanno arricchito e toccato profondamente nell’animo, in particolare l’infinito discorrere con mio padre Bruno.
Migliaia furono i protagonisti ed interpreti di una esaltante, irripetibile stagione di geniale artigianato, molto spesso elevato a vera e propria forma d’arte.
L’ambito della ricerca fu inoltre esteso all’Archivio Storico del Comune di Stradella, alla Camera di Commercio di Pavia, ed ai fascicoli aziendali sopravvissuti, le cui carte costituiscono preziosissima e assoluta- mente obiettiva documentazione storica.
Naturalmente anche i fabbricanti locali ed i privati cittadini hanno recato un insostituibile contributo alle ricerche di documenti, oggetti e testimonianze, fornendo materiale cartaceo di ogni tipo relativo all’amministrazione, fotografie, verbali, bilanci, corrispondenza varia, ecc.
Contestualmente mi impegnavo nel recupero di antiche fisarmoniche, utensili e attrezzature di ogni genere riferiti alla fabbricazione delle “armoniche”, come venivano chiamate le fisarmoniche in gergo locale. Gli oggetti erano reperiti presso i laboratori, le famiglie degli armonicisti, ma anche attraverso donazioni da parte di una moltitudine di persone comuni. I relativi luoghi di deposito riscontrati erano i più disparati ed impensabili. Oltre che in normali magazzini, il materiale veniva rinvenuto in soffitte, sotterranei, garage, edifici rustici e persino nei pressi di un bidone della spazzatura.
Questo primo periodo di feconda ricerca diede luogo ad alcune mostre storiche, allestite e curate personalmente per incarico del Comune di Stradella, quali preludio all’istituzione del Civico Museo della Fisarmonica, avvenuta nel 1999.
A stimolare la raccolta di notizie e di reperti, fu la determinante consapevolezza che l’intera epopea riguardante la produzione delle fisarmoniche a Stradella, stava inesorabilmente per essere dimenticata. Da molti anni in Città si ventilava l’ipotesi di costituire un luogo della memoria dove conservare in modo perpetuo questo importante aspetto di storia locale, il quale, vale la pena di ricordare, ebbe inizio nella seconda metà del XIX secolo. Nessuno era però mai andato oltre le intenzioni, per obiettive difficoltà di vario ordine. In primo luogo vi era implicita la necessaria competenza tecnica. La padronanza della materia doveva altresì essere supportata dalla conoscenza del relativo contesto storico. Nel mio caso, per quanto riguarda le ricerche sui documenti, ho potuto giovarmi in larga parte dell’Archivio Storico del Comune di Stradella, al quale ero addetto come dipendente. Ero inoltre intimamente convinto che tutto ciò di cui ero stato testimone, per aver vissuto in prima persona le vicende dall’interno della fabbrica di fisarmoniche paterna, costituisse importante elemento di comune identità.
Mio padre Bruno aveva dato vita nel 1950 ad una propria “bottega” artigiana, nella quale fabbricava fisarmoniche secondo personali concezioni organologiche. Fu questo per me un breve ma intenso periodo di apprendistato, in cui vissi l’atmosfera di laboratorio, dove fui testimone e partecipe della tradizionale precisione certosina e sobrietà di soluzioni tecniche adottate dal mio genitore. In quell’ambiente la “prassi esecutiva” delle numerose lavorazioni mi si impresse indelebilmente nella memoria.
La narrazione degli eventi che hanno scandito la nascita e lo sviluppo del polo produttivo di Stradella, ha tratto necessariamente origine dal più ampio contesto europeo. Quindi le ricerche avrebbero dovuto estendersi anche fuori dei confini nazionali, interessando una tematica molto ampia e articolata per me impossibile da affrontare. Pertanto, di tale ambito, le notizie concernenti la genesi europea della fisarmonica, alle quali mi riferisco, sono frutto del lavoro di altri ricercatori, ai quali rivolgo un deferente ringraziamento. Si tratta del M° Pierre Monichon, scomparso l’anno 2006, e del Prof. Pierpaolo Sancin, autori di importanti opere sulla storia della Fisarmonica.
Delle informazioni desunte da questi autori mi sono servito per delineare a mia volta una originale interpretazione dei fatti, incorporandole ed integrandole senza soluzione di continuità coi contestuali e successivi avvenimenti di casa nostra.
Se potessi essere presentatore di me stesso, direi che ho tentato di sviscerare la materia sminuzzandola, facendola a pezzettini, enucleando da ogni singola particella tutte le sfaccettature possibili.
Nel raccontare le storie personali che hanno interessato la gente del territorio, mi è piaciuto sottolineare lo stabilirsi di un rapporto confidenziale e umano fra colleghi armonicisti, spesso affibbiandosi bonariamente a vicenda un appropriato nomignolo. L’abitudine era molto diffusa in zona, al punto da identificare le persone più con i soprannomi che con gli stessi cognomi, ragione per cui li ho riportati abbinati nel testo.
Durante il ripasso dei fascicoli personali degli armonicisti, mi sono tornati alla memoria i tanti personaggi che ho avuto il piacere di conoscere e di “intervistare” – mi reputo privilegiato per questo – prima diffidenti, a causa dell’innata modestia, poi cordiali e lieti che qualcuno si mostrasse interessato alle loro vicende e, proseguendo il colloquio, apertamente orgogliosi dei loro trascorsi professionali. I contatti consistevano di norma in piacevoli chiacchierate confidenziali; tutti sapevano che ero figlio “del Bruno”, e tutti mi trattavano come fossi anche loro figlio. Ed oggi, nel ripercorrere con la mente i tanti gradevoli incontri, ho la sensazione che loro siano ancora fra noi. Mai come in queste occasioni mi viene da pensare che essi non saranno da considerare scomparsi sino a quando qualcuno li ricorderà.
Carlo Aguzzi