MARCO PIETRZELA (SIBYLLA MORIS)

Marco Pietrzela - Sibylla Moris

I “Sibylla Moris” nascono dall’idea del flautista Marco Pietrzela con lo scopo di ricercare e tramandare i più bei canti della tradizione popolare del “Marcuzzo”, zona a cavallo tra Marche e Abruzzo. Alla riproposizione di alcuni brani raccolti da gruppi storici quali “La Macina” e “La Compagnia del Saltarello”, si affianca un importante lavoro di ricerca sui portatori di tradizione e sulle fonti storiche dell”800 e di inizio ‘900. I “Sibylla Moris” vantano un vasto repertorio live che spazia dai canti da osteria alle serenate (saltarelli, stornelli, valzer e quadriglie), arricchito da numerosi canti tipici del Sud Italia, tra i quali pizziche e tammurriate. I Sibylla Moris sono: Valentina Manni (voce), Manlio Agostini (chitarra e cori), Fabrizia Latini (cori), Sante Quaglia (fisarmonica), Riccardo Monti (tamburello e cori), Marco Pietrzela (flauto traverso, ottavino e percussioni). Il Corpo di ballo è formato da Rosella Tacconi e Tibor Cecchini. In questo primo lavoro discografico intitolato “Su e giù per le contrade” (Edizioni Musicali Ars Spoletium) ha collaborato il violinista Alessio Giuliani. Nel CD anche una presenza d’eccezione: il regista e attore romano Giorgio Tirabassi, accompagnato dai Sibylla Moris, interpreta la celebre serenata del basso Lazio “Arziti bella”. Pietrzela Marco afferma: “Il nostro auspicio è fare concerti ed incidere dei CD musicali per tramandare e diffondere la nostra tradizione musicale popolare. La cultura delle nostre campagne sta lentamente scomparendo per tanti motivi: la globalizzazione, l’influsso di stili musicali differenti, l’abbandono delle campagne, etc. È fondamentale dunque riuscire a trovare la giusta chiave che possa aprire il cuore delle nuove generazioni e lavorare affinché queste bellissime tradizioni secolari non vengano dimenticate per sempre. Un nostro cruccio è quello di riscoprire il saltarello marchigiano suonato con violini ed altri strumenti melodici quali il flauto (come avveniva in passato fino ai primi del ‘900), distaccandoci dall’uso oramai abusato e limitante dell’organetto”. E ancora: “La musica popolare per secoli ha accompagnato e soprattutto alleviato la dura vita dei contadini, del popolo e della gente più umile. Nelle nostre campagne era diffusissima nelle osterie e nelle taverne, nei campi, nelle aie, ma anche nei matrimoni e in altre feste come il carnevale e quelle patronali. In molti casi le situazioni sono le stesse di oggi. Occorre però combattere contro degli odiosi pregiudizi che colpiscono spesso la nostra cultura popolare. I giovani soprattutto la vedono come un qualcosa di “vecchio” o “ridicolo”. Ma è bene ricordare che non in tutta Italia è così: basti pensare al Salento e alla pizzica. In queste regioni c’è un grande rispetto verso tutto ciò che riguarda le tradizioni e la musica popolare. La musica popolare è lo specchio dell’anima di una cultura. È per questo che deve essere custodita gelosamente. Ripartendo da noi stessi e dalla nostra tradizione possiamo aspirare ad un futuro migliore e più consapevole. Platone affermava: “ La musica è una luce morale. Essa dona un’anima ai nostri cuori, delle ali ai pensieri, uno sviluppo all’immaginazione; essa è un carme alla tristezza, alla gaiezza, alla vita, a tutte le cose. Essa è un’essenza del tempo e si eleva a tutte quelle forme invisibili… abbagliante e appassionatamente eterna”.